Mi è sempre piaciuto viaggiare ed ho cominciato giovanissima a farlo: poter vedere posti diversi da quelli in cui vivevo, sentire suoni di lingue per me strane ha sempre esercitato una forte attrazione su di me, ma di solito viaggiavo sempre accompagnata o in situazioni iperprotette.
Quando viaggi da solo (fuori dalla zona di comfort del pacchetto completo) non ci sono scuse: sei tu e tu di fronte ai tuoi limiti, alle tue debolezze e alla tua forza interiore. Non c’è nessuno con cui prendertela, nessuno a giustificarti, nessuno ad accoglierti, solo tu e la tua capacità di accoglierti. Come se all’improvviso potessi attraversare il velo di Maya e vedere quello che c’è, sentendo il tuo cuore battere all’impazzata, un po’ per l’eccitazione e un po’ come di fronte a un pericolo imminente. È la caduta dalle montagne russe della tua vita, senza sapere se c’è un punto di arrivo, senza la sicurezza della fine, ma proprio per questo molto attraente.
Posti nuovi, lingue diverse, colori inusuali, cibi strani, ma anche incontri interessanti, entri in contatto con modi di vedere la vita diversi dal tuo, modi di divertirsi diversi dal tuo, modi di pregare diversi dal tuo. Adoro viaggiare, perché mi sento libera, mi accorgo che sono più autentica lontana da ogni identificazione con la personalità, con il ruolo, sono più aperta al nuovo.
Le Guide mi dicono sempre di andare, di viaggiare, di rispondere a tutte le chiamate, anche le più lontane, di onorare il fatto che ho la facilità nell’espormi in più lingue. E io vado.

(Tratto da: “Letture dall’Akasha: apriti cielo!” di Cristina Vignato, Anima Edizioni, 2021)